mercoledì 30 dicembre 2015

OSCAR WILDE: STORIA DI UNA CONVERSIONE (di Francesco Agnoli)

Ripresentiamo l'articolo di Francesco Agnoli, originariamente pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana del 2 dicembre 2015, sulla conversione di Oscar Wilde a cui ci siamo già dedicati in passato LEGGI QUI

Oscar Wilde, l'inquieto che implorava la pietà di Gesù 

Oscar Wilde
Il 30 novembre 1900, a Parigi, moriva Oscar Wilde, l'autore de Il ritratto di Dorian Gray. La sua figura è spesso strumentalizzata e incompresa, nella sua profondità e nel suo dramma. Per questo può essere utile ricordare almeno alcune cose. Oscar Wilde nasce a Dublino il 16 ottobre 1854. Come racconta il biografo Francesco Mei, suo padre, sir William, è un medico affermatissimo, che «cambia più spesso le amanti che non le camicie» (Francesco Mei, Oscar Wilde, Rcs, Milano, 2001). Sua madre, Jane, è «portata a trascurare l'andamento della casa, compresa l'educazione morale dei figli». 
William e Jane sono una coppia "aperta", con tutte le caratteristiche del caso. Quando Oscar nasce, la madre, «che aspettava ardentemente una bambina», resta delusa. Proietta sul figlio, maschio, i suoi desideri: il piccolo Oscar viene vestito da bambina, «agghindato con trine e pizzi» e patisce tanto le imposizioni della madre, quanto l'assenza del padre. Vari biografi mettono in luce come Wilde abbia interiorizzato una figura negativa di padre, e questo gli abbia impedito di sviluppare appieno la sua virilità e il suo senso di paternità: cercherà sempre, in altre figure maschili, il padre che non ha avuto, e sarà, con la moglie e con i figli, il marito infedele e il padre assente che non aveva apprezzato in suo padre.

Presto Wilde si distacca dalla famiglia, andando a studiare in collegio, prima al Trinity College di Dublino, poi ad Oxford. Rimanendo per certi aspetti «un eterno fanciullo», incapace di «maturare, almeno sul piano affettivo». Suo padre non è per lui oggetto di ammirazione, anzi Oscar non approva «lo sfrenato libertinaggio del genitore. E non è escluso che proprio per reazione agli eccessi paterni, egli abbia concepito sin dall'adolescenza una sorta di riluttanza a stabilire rapporti impegnativi con le donne». Si sposerà, amerà sua moglie, ma, un po' come il padre, senza mai riuscire a farlo veramente, alternando i rimorsi e il desiderio di tornare da lei, all'insicurezza e alla mutevolezza, ai rapporti fuggevoli e molteplici con donne, uomini e ragazzini. In un vortice di depravazione, come dirà lui stesso, che lo porterà, dopo il successo, alla prigione, ma anche ad una salute inferma, causa l'uso prolungato di alcool, liquori, assenzio... sino alla fine dei suoi giorni. 

Condannato al carcere nel 1895, con l'accusa di aver avuto rapporti omosessuali con svariati ragazzini e prostituti, Wilde scrive da lì alla moglie Constance: «Perdonami... i miei peccati sono stati tremendi e imperdonabili...». Wilde si vergogna della sua vita passata, anela alla rigenerazione, alla rinascita, si fa dare il Vangelo, gli scritti dei cardinali inglesi Newman e Manning, la Storia dei Papi... e progetta di scrivere, una volta fuori dal carcere, qualcosa su san Francesco, quasi a riparazione del suo «perseguimento selvaggio del piacere che inaridisce il corpo e lo spirito». Nel 1897 scrive una lettera che prende il titolo da un salmo, De profundis, a lord Alfred Douglas, il suo amante. Il 30 novembre 1900 Oscar Wilde muore, dopo essere entrato nella Chiesa cattolica, di cui era sempre stato un estimatore, e aver ricevuto l'estrema unzione (Paolo Gulisano, Il ritratto di Dorian Gray, Ancora, Milano, 2009, p. 181).

Come per Baudelaire, Verlaine, Rimbaud e Huysmans (il cui romanzo Controcorrente è considerata la "bibbia dell'estetismo" e che poi diventerà oblato benedettino), passati tutti, chi più chi meno, da un forte rapporto con la fede religiosa, anche Wilde non può essere compreso se non riandando alla sua domanda: sono i piaceri del mondo, i “frutti terrestri” a saziare la fame dell'uomo, oppure la nostra "inquietudine", per citare Agostino, è saziata solo dall'incontro con Dio? Riportiamo qualche frase dal De profundis, scritto quando il poeta non è più sul palcoscenico, ma giù dal piedistallo su cui lui stesso aveva voluto mettersi, per essere da sé il senso della propria vita; scritto quando al posto dei piaceri sensuali e della dissipazione, vi sono il dolore e la solitudine; quando il tentativo di costruire una vita splendida, al di là del bene e del male, «come se Dio non ci fosse» e «tutto fosse lecito», si è rivelato un fallimento. 

Scrive Wilde: «Bisogna, sì, ch'io mi dica che da me stesso io mi sono distrutto e che nessuno, piccolo oppure grande, non si può rovinare che con le sue proprie mani. Io sono pronto a dirlo; mi sforzo di confessarlo, quantunque, forse, in questo momento, non lo si creda. Senza alcuna compassione io sostengo contro di me l'implacabile accusa. Per quanto terribile sia stato ciò che il mondo mi ha fatto di male, quel che io feci a me stesso fu più tremendo ancora... Mi divertii a fare l'ozioso, il dandy, l'uomo alla moda. Mi circondai di poveri caratteri e di spiriti miserevoli. Divenni prodigo del mio proprio genio e provai una gioia bizzarra nello sperperare una giovinezza eterna. Stanco di vivere sulle cime, discesi volontariamente in fondo agli abissi per cercarvi delle sensazioni nuove. La perversità fu nell'orbita della passione quel che il paradosso era stato per me nella sfera del pensiero. Infine il desiderio si cangiò in una malattia, o in una follìa, o in entrambe le cose. Divenni noncurante della vita altrui. Colsi il mio bene dove mi piacque e passai oltre. Dimenticai che ogni più piccola azione quotidiana forma o deforma il carattere e che, per conseguenza, ciò che si è compiuto nel segreto della propria intimità si sarà poi costretti a proclamarlo al mondo intero. Così, non fui più padrone di me stesso. Non riuscii più a dominare la mia anima e la ignorai. Permisi al piacere di governarmi e finii coll'essere abbattuto da una sventura orrenda. Adesso non mi rimane più che una cosa: l'assoluta umiltà...».

Poi, parlando di Gesù, scrive: «Certo, egli ha il senso della pietà per i poveri, per coloro che sono relegati nelle prigioni, per gli umili, per i miserabili, ma egli ha molta più compassione per i ricchi, per gli edonisti, per coloro che sacrificano la loro libertà e divengono gli schiavi delle cose, per quelli che portano abiti preziosi e abitano in palazzi regali. Le ricchezze e le voluttà a lui sembrano invero delle tragedie più grandi che la penuria e il dolore. Per Natale sono riuscito a procurarmi un Testamento Greco e ogni mattina, dopo aver spazzato la mia cella e forbito i miei utensili, leggo un passo dei Vangeli, una dozzina di versetti presi a caso, non importa dove. È una deliziosa maniera di cominciar la giornata. Ciascuno, anche vivendo una vita turbinosa e disordinata, dovrebbe fare così...». Sentiva Wilde, che Gesù aveva pietà anche di lui, del suo edonismo sfrenato, su cui aveva cercato di costruire la propria felicità, e che era stato, invece, al contrario, la sua condanna. 

lunedì 14 dicembre 2015

OMOSESSUALI, «VIETATO» PREGARE (di Luciano Moia)


La questione si può riassumere in due semplici domande. La prima: le persone omosessuali che vivono con disagio la propria condizione hanno il diritto di impegnarsi in un percorso di preghiera per trovare sostegno spirituale, per fare chiarezza dentro di sé, per mettere a confronto le proprie esperienze di vita con le ragioni della fede? 

La seconda: le stesse persone hanno il diritto di tentare questa verifica spirituale, che riguarda un aspetto così intimo della propria identità, in modo riservato e in luoghi protetti, lontano dai clamori, dai fraintendimenti e dalle facili ironie dei media? 

Se diciamo no, se pensiamo che questi diritti non debbano essere accordati, hanno ragione coloro che da alcuni giorni stanno alzando un assurdo polverone mediatico contro le iniziative dell’Apostolato Courage. Che puntano il dito contro le proposte di preghiera di questa associazione fingendo di equivocarne le finalità: non verifica spirituale ma tentativo di 'guarigione' dall’omosessualità. Obiettivo che, inteso in questi termini, denota superficialità, approssimazione o, peggio, volontà di strumentalizzare la condizione esistenziale di persone che soffrono. 

Se invece rispondiamo sì, è evidente come tutto questo clamore sia del tutto ingiustificato, trasudi intolleranza ed esprima una volontà di discriminazione al contrario. Ma cosa è capitato di così grave per scatenare l’indignazione politically correct dei soliti, impavidi custodi dell’ortodossia laicista? 

L’Apostolato Courage – fondato nel 1980 dal servo di Dio Terence Cooke, arcivescovo di New York, per aiutare chi è attratto da persone dello stesso sesso a vivere la propria condizione in modo coerente con gli insegnamenti della Chiesa – ha organizzato nei giorni alcuni momenti di preghiera a Reggio Emilia, Torino e Roma. Si tratta di iniziative che fanno parte di un percorso, liberamente proposto e altrettanto liberamente accolto da chi decide di aderirvi, fondato su due obiettivi: la riflessione sulla propria sessualità e l’accoglienza della Parola di Dio come regola in base alla quale organizzare la propria vita. Difficile cogliere in questo programma spirituale un’offesa alle condizioni delle persone omosessuali e, soprattutto, la volontà di proporre una 'terapia riparativa'. Pratica psicoterapeutica ormai desueta e che vuol dire tutto e niente, ma che per le lobby gay si è trasformata in una parola d’ordine per una sorta di indignazione a comando. 

Così è bastato che un settimanale raccontasse in modo del tutto parziale le iniziative dell’Apostolato Courage e che gli stessi episodi venissero rilanciati, con le stesse modalità a senso unico, da quotidiani locali, siti internet e social, per scatenare reazioni spropositate. In campo politici, amministratori e associazioni omosessuali. Pacata la risposta della Chiesa. 

La diocesi di Reggio Emilia, confermando il suo appoggio alle attività di Courage, ha espresso dolore per il fatto che persone «che si ritrovano a pregare siano violate così pesantemente nella loro privacy». Mentre la diocesi di Torino ha sottolineato come sia inaccettabile che «incontri e riunioni a cui le persone partecipano liberamente e con la garanzia della riservatezza vengano strumentalizzati per ottenere una qualche porzione di 'visibilità'. Non è in questo modo che la Chiesa di Torino è impegnata nel confronto e nell’accompagnamento delle persone che vogliono confrontarsi sulla propria sessualità in relazione alla vita spirituale». 

Sul caso anche l’intervento diretto di Courage Italia che in un comunicato sottolinea come «molte persone ritengono legittima e attraente una proposta di vita affettiva in armonia con l’antropologia cristiana». Inoltre, si fa notare, «la castità non è un 'obbligo' ma viene vissuta come scelta di amore per Dio e per gli altri». Scelta che merita rispetto «indipendentemente dall’orientamento sessuale». Respinta con molta fermezza l’accusa di praticare terapie di guarigione: «Ogni uomo o donna che partecipa liberamente alle attività di Courage sa che lì può trovare aiuto spirituale, accoglienza e amicizia, ma non una terapia medica, come viene ricordato all’inizio di ogni incontro». 

Difficile cogliere in queste iniziative pastorali le ragioni di proteste così veementi. A meno che non si voglia riconoscere il fatto che talvolta anche gli omosessuali vivono momenti di sofferenza e hanno bisogno, come tutti noi, di accoglienza e vicinanza. La vita non è solo gaiezza spensierata.

Tratto da Avvenire il 13 dicembre 2015

domenica 6 dicembre 2015

DIO NON HA PAURA DEI NOSTRI "DESERTI"

VANGELO                                         


...la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». (Luca 3,1-6)


LETTURA


Il Vangelo di oggi [2a domenica di Avvento 2015] ci propone la conoscenza di un personaggio che ci accompagna in tutto il tempo di Avvento: Giovanni il Battista. Attraverso di lui, siamo invitati a volgere lo sguardo sulle promesse di Dio e sul suo desiderio di tendere continuamente la mano all’uomo per mostragli qual è la sua reale dignità. La gioia di saperci custoditi dalla mano provvidente di Dio, che “lavora” per salvarci, ci fa spostare lo sguardo da noi sugli altri per essere, a nostra volta, “mano” attraverso la quale Dio opera.


MEDITAZIONE


Giovanni Battista viene presentato in un contesto storico ben preciso, ma in un ambiente apparentemente strano per la predicazione: il deserto. Cosa ci fa un predicatore nel deserto? Non dovrebbe predicare in luoghi più frequentati, uno che desidera farsi ascoltare? Eppure, se ci pensiamo bene, il deserto è proprio un luogo familiare sia per l’uomo che per Dio. Tante volte Dio – dice la Scrittura – ha incontrato l’uomo proprio in quell’aridità, perché sono molti i deserti nei quali spesso ci rifugiamo. Il deserto è assenza, è vuoto, è qualcosa di informe, dove non ci sono strade, eppure Giovanni ci invita a preparare proprio nel deserto una strada per il Signore. Sembra una cosa apparentemente impossibile, faticosa e inutile. Questo è vero se tentiamo di farlo da soli! Ma quello che per noi è assurdo, è sempre possibile per Dio! Serve la nostra collaborazione, ed è a questo punto che incrociamo la strada della salvezza. Ci è chiesto di credere alle imprevedibili azioni di Dio sulla nostra storia personale e sulla storia di tutta l’umanità. È come se Dio aspettasse la nostra disponibilità per poter riempire ogni burrone, abbassare ogni colle e montagna, raddrizzare le vie tortuose e spianare quelle impervie, sanare ogni stortura che allontana la nostra vita dalla bellezza originaria che le ha donato Dio. Egli non ha paura dei deserti che noi non abbiamo il coraggio di mostrare a nessuno, delle nostre imperfezioni, di tutto ciò che di noi cerchiamo di nascondere. Egli conosce già tutto di noi e non se ne scandalizza ma, anzi, decide anche in questo Natale di venire ad abitare proprio lì, e di creare lì la strada da percorrere per la nostra salvezza.


PREGHIERA


«Non essere vana, anima mia, non assordare l’orecchio del cuore col tumulto delle tue vanità. Ascolta tu pure: è il Verbo stesso che ti grida di tornare. Affida alla verità quanto ti viene dalla verità, e nulla perderai. Rifioriranno le tue putredini, tutte le tue debolezze saranno guarite, le tue parti caduche riparate, rinnovate, fissate strettamente a te stessa» (sant’Agostino, Confessioni, IV, 11).

Meditazione a cura delle Monache Agostiniane – Comunità dei santi Quattro Coronati, Roma, tratta dal mensile Messa Meditazione

lunedì 9 novembre 2015

DEL VIZIO CONTRO NATURA (S. Tommaso d'Aquino)

San Tommaso d'Aquino
(Dottore della Chiesa)
S. Tommaso d'Aquino
Somma teologica II-II q. 154 a.11

Articolo 11: Se il vizio contro natura sia una specie della lussuria
Rispondo: Come già si è notato [aa. 6, 9], esiste una specie distinta di lussuria là dove si riscontra un disordine speciale che rende indecente l'atto venereo.
E ciò può avvenire in due modi.
Primo, perché [tale disordine] ripugna alla retta ragione: il che si riscontra in tutti i peccati di lussuria.
Secondo, perché oltre a ciò ripugna anche allo stesso ordine naturale e fisiologico dell'atto sessuale proprio della specie umana: e questo viene detto peccato o vizio contro natura.

Il quale può essere compiuto in più modi.
Primo, procurando senza alcun rapporto sessuale la polluzione in vista del piacere venereo: e questo è il peccato di immondezza, che alcuni chiamano mollezza [o masturbazione].
Secondo, praticando l'unione sessuale con esseri di altra specie: e si ha allora la bestialità.
Terzo, accoppiandosi con il sesso indebito, cioè maschi con maschi e femmine con femmine, come riferisce S. Paolo [Rm 1, 26 s.]: e questo è il vizio della sodomia.
Quarto, non osservando il modo naturale dell'accoppiamento: o perché non si usano i debiti organi, o perché si compie l'atto in altri modi mostruosi e bestiali.

Articolo 12: Se il vizio contro natura sia il più grave dei peccati di lussuria
S. Agostino [De bono coniug. 8] afferma che "fra tutti questi peccati", cioè quelli di lussuria, "il peggiore è quello contro natura".
Rispondo: In ogni genere di cose la degenerazione più grave è la corruzione dei princìpi, da cui tutto il resto dipende.
Ora, i princìpi della ragione umana sono dati da ciò che è secondo la natura: infatti la ragione, presupposto ciò che è determinato dalla natura, dispone il resto in conformità ad essa.
E ciò è evidente sia in campo speculativo che in campo pratico.
Come quindi in campo speculativo l'errore circa i princìpi noti per natura è quello più grave e vergognoso, così in campo pratico l'agire contro ciò che è secondo la natura è il peccato più grave e più turpe.
Poiché dunque nel vizio contro natura si trasgredisce ciò che è determinato secondo la natura nell'uso della sessualità, ne segue che questo è il peccato più grave in tale materia.
Dopo del quale viene l'incesto, che è contro la riverenza naturale dovuta ai propri congiunti, come si è detto [a. 9].

martedì 20 ottobre 2015

DAL SINODO DEI VESCOVI (2015) UN POTENTE APPELLO ALLA CONVERSIONE

Intervento della Dott.ssa Anca-Maria CERNEA, Medico presso il Centro di Diagnosi e Trattamenti Victor-Babes e Presidente dell'Associazione dei Medici cattolici di Bucarest (Romania)
Dott.ssa Anca-Maria CERNEA


Santità, Padri sinodali, fratelli e sorelle,

io rappresento l’Associazione dei Medici Cattolici di Bucarest.

Appartengo alla Chiesa greco-cattolica rumena.

Mio padre era un leader politico cristiano che è stato imprigionato dai comunisti per 17 anni. I miei genitori erano fidanzati, stavano per sposarsi, ma il loro matrimonio ha avuto luogo 17 anni dopo.

Mia madre ha aspettato tutti quegli anni mio padre, anche se non sapeva neppure se fosse ancora vivo. Sono stati eroicamente fedeli a Dio e al loro impegno.

Il loro esempio dimostra che con la Grazia di Dio si possono superare terribili difficoltà sociali e la povertà materiale.

Noi, come medici cattolici, in difesa della vita e della famiglia, possiamo vedere che, prima di tutto, si tratta proprio di una battaglia spirituale.

La povertà materiale e il consumismo non sono le cause principali della crisi della famiglia.

La causa principale della rivoluzione sessuale e culturale è ideologica.

Nostra Signora di Fatima ha detto che la Russia avrebbe diffuso i suoi errori in tutto il mondo.

Questo è avvenuto prima con la violenza: il marxismo classico ha ucciso decine di milioni di persone.

Adesso avviene soprattutto dal marxismo culturale. C’è continuità dalla rivoluzione sessuale di Lenin, attraverso Gramsci e la Scuola di Francoforte, alla odierna difesa ideologica dei “diritti” dei gay.

Il marxismo classico pretendeva di ridisegnare la società per mezzo della violenta appropriazione dei beni.

Adesso la rivoluzione va ancora più in profondità: pretende di ridefinire la famiglia, l’identità sessuale e la natura umana.

Questa ideologia si autodefinisce progressista. Ma non è niente altro che l’offerta dell’antico serpente all’uomo di prendere il controllo, di rimpiazzare Dio, di organizzare la salvezza qui, in questo mondo.

È un errore di natura religiosa: è lo gnosticismo.

È compito dei pastori riconoscerlo, e mettere in guardia il gregge contro questo pericolo.

«Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 33).

La missione della Chiesa è quella di salvare le anime. Il male, in questo mondo, proviene dal peccato, non dalla disparità di reddito, né dal “cambiamento climatico”.

La soluzione è l’Evangelizzazione, la conversione.

Non può essere un sempre crescente controllo del governo. Non può essere neppure un governo mondiale. Sono proprio questi, oggi, i principali attori che impongono il marxismo culturale nelle nostre nazioni, attraverso il controllo della popolazione, la “salute riproduttiva”, i “diritti” degli omosessuali, l’educazione gender, etc.

Ciò che il mondo ha bisogno, oggi più che mai, non è la limitazione della libertà, ma la vera libertà: la liberazione dal peccato. La Salvezza.

La nostra Chiesa fu soppressa dall’occupazione sovietica. Ma nessuno dei nostri dodici vescovi ha tradito la comunione con il Santo Padre. La nostra Chiesa è sopravvissuta grazie alla determinazione e all’esempio dei nostri vescovi, i quali hanno resistito al carcere e al terrore.

I nostri vescovi chiesero alla comunità di non seguire il mondo, di non collaborare con in comunisti.

Adesso abbiamo bisogno che Roma dica al mondo: «Pentitevi dei vostri peccati e convertitevi, perché il Regno di Dio è vicino» (Mt 3, 2).

Non solo noi, laici cattolici, ma anche molti cristiani ortodossi, preghiamo con ansia per questo sinodo. poiché, come si dice, se la Chiesa cattolica cede allo spirito del mondo, allora è molto difficile anche per tutti gli altri cristiani resistere.



Fonte:
Sinodo 2015 – Audizione di Uditori nelle Congregazioni generali del 15 e del 16 ottobre, 16.10.2015 
Sala stampa della Santa Sede

Nel corso dell’undicesima (15 ottobre – p.m.) e della dodicesima (16 ottobre - a.m.) Congregazione generale hanno preso la parola numerosi uditori. Di seguito riportiamo i testi degli interventi finora pervenuti: 

lunedì 21 settembre 2015

SEI ANNI!

21 settembre 2015

Il mio bisogno di consolazione
(appunti a sei anni dall’inizio di un percorso)

Se io quindi fossi in grado di rifiutare qualsiasi umana consolazione sia per il raggiungimento del fervore, sia per la necessità che mi spinge a cercare Te, poiché nessun uomo è in grado di consolarmi, allora certo potrei sperare nella tua grazia ed esultare per il dono di una consolazione mai provata.
Imitazione di Cristo Libro III. XL,3

Festeggio oggi, 21 settembre (S. Matteo), l’anniversario del mio percorso verso la castità e come è, ormai, consuetudine desidero condividere con gli amici che mi accompagnano qualche breve riflessione che mi aiuti a ricapitolare l’anno appena trascorso.

La mia attenzione, anche sulla scorta della meditazione del pensiero di Benedetto XVI, si è rivolta negli ultimi tempi a due temi particolarmente sensibili e con riflessi significativi l’uno per l’altro: la consolazione e la solitudine.

Benedetto XVI scrive “una delle più profonde povertà che l'uomo può sperimentare è la solitudine” e la definisce meglio come “isolamento […] non essere amati o […] difficoltà di amare” (Caritas in veritate,53).

Altrove parla della solitudine come di una sofferenza che ci sarà sempre e che necessita di consolazione e di aiuto (Deus caritas est,28) e ancora la solitudine diventa una “oscura sensazione” associata alla mancanza di senso (Spe salvi,37).

L’origine è da individuarsi nel rifiuto dell'amore di Dio, nell’alienazione dalla realtà e in un conseguente difetto del pensiero che porta ad un illusoria fuga dalla sofferenza. Illusoria perché la libertà dataci per conseguire il bene è fragile.

Una prima risposta può giungerci da un “approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione”, che però non può essere ridotta ad un’interpretazione sociologica, ma necessita di un sano fondamento filosofico ispirato dalla grazia per comprendere “la dignità trascendente dell'uomo”.

Tuttavia “non è la scienza che redime l'uomo. L'uomo viene redento mediante l'amore” (Spe salvi,26) e “la creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. Non è isolandosi che l'uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio” (Caritas in veritate,54).

Anche l’amore umano, in una certa misura “redime”, da un senso nuovo alla vita, ma è fragile, non basta. L’uomo ha bisogno di un amore certo, incondizionato, assoluto da cui nessuno potrà mai separarci. Occorre quindi risanare la relazione primaria con Dio. Quel Dio trinitario che è relazionalità pura e vuole associarci a questa realtà di comunione.

“Dall'amore verso Dio consegue la partecipazione alla giustizia e alla bontà di Dio verso gli altri; amare Dio richiede la libertà interiore di fronte ad ogni possesso e a tutte le cose materiali: l'amore di Dio si rivela nella responsabilità per l'altro”. (Spe salvi,28)

L’appagamento dell’amore umano, si mostra nel suo limite proprio nella realizzazione delle piccole speranze che ha alimentato.

L’Amore per l’altro ci è stato rivelato nella figura del sofferente che condivide la condizione dell'uomo. Se non trovo nella sofferenza un senso, un cammino di purificazione e di maturazione, un cammino di speranza non potrò accettare la sofferenza altrui e condividerla.

“La capacità di accettare la sofferenza per amore del bene, della verità e della giustizia è costitutiva per la misura dell'umanità”.

“La parola latina con-solatio, consolazione, lo esprime in maniera molto bella suggerendo un essere-con nella solitudine, che allora non è più solitudine”.



venerdì 11 settembre 2015

LIVING the TRUTH in LOVE. Convegno internazionale COURAGE – 2 ottobre 2015 – Roma (Italia)






Il convegno vedrà la partecipazione del Cardinale Robert Sarah, del Cardinale George Pell, di monsignor Livio Melina, nonché di esperti: come il Dr. Paul McHugh della Johns Hopkins; Dr. Timothy Lock, uno psicologo clinico; e della dottoressa Jennifer Morse dell’Istituto Ruth. Il programma prevede una tavola rotonda e testimonianze personali di persone con tendenze omosessuali, seguita da un momento per domande e risposte.

La conferenza non tratta l’omosessualità come la questione culturale o politica del giorno (senza dimenticare che lo è), ma come una realtà personale nella vita degli uomini e delle donne che ne fanno esperienza. I relatori affronteranno la complessa realtà delle tendenze omosessuali attraverso le lenti delle scienze empiriche e sociali, l’esperienza personale dell’omosessualità, la testimonianza della Sacra Scrittura, la sacra Tradizione così come – la saggezza bimillenaria della Chiesa cattolica.

L’iniziativa si rivolge a vescovi, sacerdoti, religiosi, seminaristi, laici impegnati nel ministero ecclesiale, e a tutti coloro che vogliono accogliere e accompagnare le persone con attrazione per lo stesso sesso.

Per iscriverti al convegno e visitare il sito dell’evento CLICCA QUI.

domenica 6 settembre 2015

COMPORTAMENTO TRANSESSUALE NON CONFORME ALLA FEDE (Congregazione per la Dottrina della Fede)

Comunicato del vescovo di Cadice e Ceuta
1 settembre 2015

In riferimento alle dichiarazioni apparse su diversi media sull’accettare o meno come padrino di battesimo un transgender, ho l’obbligo pastorale di esprimere pubblicamente e definitivamente ciò che segue:

I padrini del Sacramento del Battesimo assumono, davanti a Dio e alla Chiesa e in relazione al battesimo, il dovere di cooperare con i genitori nella formazione cristiana, assicurandosi che conduca una vita coerente con la fede battesimale e compia fedelmente gli obblighi inerenti. Tenendo conto di questa responsabilità, il Catechismo della Chiesa Cattolica chiede che i padrini siano “credenti solidi, capaci e pronti a sostenere nel cammino della vita cristiana il neo-battezzato” (CCC 1255). Per questo, essendo un uffizio ecclesiastico la legge della Chiesa esige, tra le altre condizioni, che si ammetta come padrino o madrina solo chi abbia le capacità di assumersi seriamente queste responsabilità ed abbia un comportamento congruente con esse (cfr. CCC, can. 874 §1,3). Non dovesse essere possibile trovare una persona con i requisiti necessari, il parroco può conferire il battesimo senza padrini, i quali non sono necessari per celebrare questo Sacramento.

Innanzi alla confusione provocata tra alcuni fedeli a causa di parole attribuitemi e non pronunciate, e per la complessità e rilevanza mediatica raggiunta per questo tema, considerando le possibili conseguenze pastorali di qualsiasi decisione a questo proposito, ho costituito una consulta formale dinanzi alla Congregazione per la Dottrina della Fede, della quale la risposta è stata: “Riguardo a questo particolare le comunico l’impossibilità che venga ammesso. Lo stesso comportamento transessuale rivela pubblicamente un’attitudine opposta all’esigenza morale di risolvere il proprio problema di identità sessuale secondo la verità del proprio sesso. Perciò risulta evidente che questa persona non possiede il requisito di condurre una vita in conformità con la fede e con la carica di padrino (cfr. CCC, can. 874 §1,3), non potendo quindi essere ammesso alla carica di madrina ne di padrino. Non vi è una discriminazione, ma solamente il riconoscimento di un’oggettiva mancanza dei requisiti che per loro natura sono necessari per assumere la responsabilità ecclesiastica dell’essere padrino”.

Di fatto, Papa Francesco ha affermato in varie occasioni, in continuità con il magistero della Chiesa, che questa condotta è contraria alla natura dell’uomo. Nella sua ultima enciclica ha scritto: 

“L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto XVI che esiste una « ecologia dell’uomo » perché « anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere ». In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di « cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa»” (Laudato si, n.155).

Per questi motivi, è stato riferito agli interessati che non può essere accettata la loro richiesta.

La Chiesa accoglie tutte le persone con carità volendole aiutare nella propria situazione con indole di misericordia, ma senza negare la verità che predica, che a tutti propone come un cammino nella fede per essere liberamente accolta.

sabato 22 agosto 2015

À Paray-le-Monial, accompagner en vérité les personnes homosexuelles (Par Alexia Vidot)

Une des veillées quotidienne
d'une session d'été de l'Emmanuel, à Paray-le-Monial


Du 15 au 20 août, les sessions de Paray ont proposé un parcours spécifique : « Homosexualité – vivre avec, accompagner ». Dans le respect du magistère, cette première édition manifeste le désir de l’Église de mieux accompagner les personnes homosexuelles.

De la chapelle Notre-Dame-de-Romay à la basilique du Sacré-Cœur de Paray-le-Monial (Saône-et-Loire), une longue file s’étire sous le soleil. La distance est courte – moins de deux kilomètres – mais l’image n’en est pas moins forte. Elles viennent à Jésus, « doux et humble de cœur », ces quelque soixante-dix personnes qui peinent et ploient sous le fardeau de l’homosexualité. « La blessure de Son cœur ouvert est le lieu où nous pouvons nous abriter et guérir notre blessure », confie Alberto sur le chemin. Cet Italien de 42 ans se présente posément comme « un fidèle catholique attiré par les personnes de même sexe » et se confie avec pudeur : « Je puise dans le Cœur de Jésus, source de la miséricorde, la force de vivre la chasteté selon la vérité de l’Évangile. »

« Que ceux-là de nos frères puissent recevoir la grâce de Paray, lieu de la consolation, est essentiel et urgent. En tant que recteur des sanctuaires, je me réjouis qu’un parcours spécifique dans la session leur soit proposé cet été », s’enthousiasme le Père Benoît Guédas, prêtre de la communauté de l’Emmanuel. En quarante ans d’existence, voilà donc la première fois que les sessions de Paray se penchent sur la souffrance propre aux personnes homosexuelles et sur celle de leur entourage. Qu’elles les accompagnent à la suite du Christ.

Le malaise des catholiques

L’Église se réveillerait-elle de son immobilisme, les catholiques, de leur malaise ? « Il serait temps ! » remarque Xavier, 35 ans, pour qui la discrétion de l’Église sur ce sujet viendrait en grande partie d’une difficulté à assumer le message dont elle est porteuse. Et pourtant, quand il s’est converti il y a 8 ans, Xavier attendait que l’Église remplisse son « devoir de vérité ». Il voulait certes être rejoint dans sa souffrance, mais non pas « chatouillé ». Il a donc accueilli les termes du Catéchisme de l’Église catholique, « on ne peut plus clair », comme une libération : seuls les actes homosexuels sont des péchés, l’orientation, elle, ne l’est pas et ne définit en rien la personne qui, souvent, ne l’a pas choisie. « On me disait enfin : tu n’es pas un ‘homo’, mais un enfant de Dieu appelé à la sainteté. Voilà ce qu’on te propose pour marcher à la suite du Christ : la chasteté continente. » Mais selon Xavier, certains membres de l’Église « édulcorent ou passent à la trappe » ce discours de vérité par peur de blesser ou de choquer. « Des lâchetés qui font plus de mal que de bien, car seule la vérité rend libre », résume-t-il.

N’ayons donc pas peur de l’enseignement de l’Église catholique sur l’homosexualité. Mais prenons le temps d’en cerner les contours. « Pour le monde, les cathos seraient les grands ennemis des homos. On y est pour quelque chose car cette réalité-là nous est souvent inconnue, taboue même, et on dit n’importe quoi ! », admet Blandine, membre de la communauté de l’Emmanuel. Cette quinquagénaire s’est donc inscrite au parcours « Homosexualité – vivre avec, accompagner » pour aller au-delà de ses préjugés et de ses peurs. De son ignorance. « Tout chrétien, même s’il n’est pas directement concerné par la question, a le devoir d’aller à la rencontre de cette périphérie pour la ramener au cœur de l’Église où elle a aussi sa place », affirme-t-elle.

Les cinq objectifs de Courage

Chasteté : vivre une vie chaste conformément à l’enseignement de l’Église catholique sur l’homosexualité

Prière et offrande de soi : offrir intégralement sa propre vie au Christ à travers le service des autres, la lecture de la parole de Dieu, la prière, la méditation, la direction spirituelle, la participation fréquente à la messe ainsi qu’aux sacrements de réconciliation et de l’eucharistie

Fraternité : encourager un esprit de fraternité où tous puissent partager leurs réflexions et expériences afin que personne n’affronte seul les difficultés liées à l’attirance homosexuelle

Soutien : savoir que les amitiés chastes sont non seulement possibles mais aussi nécessaires à une vie chrétienne ; s’encourager et s’aider mutuellement pour instaurer et soutenir de telles amitiés

Témoignage : vivre une vie qui puisse servir d’exemple à d’autres



Le Père Louis-Marie Guitton, responsable de la pastorale du diocèse de Fréjus-Toulon et l’un des responsables du parcours, en est convaincu lui aussi : « Dans le petit monde catho, les réactions vis-à-vis des personnes attirées par le même sexe ne sont pas justes. On blesse nos frères par manque de formation et cette ignorance est coupable. » Une culpabilité qui repose au premier titre sur les pasteurs de l’Église. Le Père Guitton de renvoyer à la Lettre aux évêques sur la pastorale des personnes homosexuelles écrite il y a près de trente ans par Joseph Ratzinger, alors préfet de la congrégation pour la doctrine de la foi. « Où est “l’attention pastorale particulière”? Où sont les “programmes pastoraux spécifiques” que réclame ce document ? », s’étonne-t-il.

Parce que l’Église ne s’est pas jusqu’ici emparée de ce défi pastoral, des initiatives de bonne volonté ont occupé le terrain. Seul problème : elles nourrissent certaines ambiguïtés avec le magistère. Ainsi de l’association Devenir un en Christ qui, sur son site Internet, fait comme proposition pour le synode sur la famille : « Infléchir certains passages du Catéchisme, afin que l’accueil inconditionnel prime sur les exigences et les jugements moraux »…

Une initiative américaine qui arrive en France

Un vent d’espérance souffle pourtant sur la ville où palpite le Cœur du Christ. « On est à l’aube d’une belle époque pour la pastorale des personnes attirées par le même sexe », prophétise Alberto. Pendant seize ans, cet Italien distingué a cherché en vain « un soutien véritablement catholique » qui lui aurait permis de « comprendre ma condition et de m’en sortir ». Jusqu’à ce qu’il entende parler de l’apostolat Courage et s’y engage. Né à Manhattan en 1980, ce service de l’Église catholique propose un soutien spirituel aux fidèles attirés par les personnes de même sexe et qui désirent vivre la chasteté en fidélité au magistère. « À travers les groupes de Courage, l’Église nous embrasse, nous accompagne et nous montre que nous ne sommes pas seuls à vouloir vivre une vie chaste. Qu’il n’y a pas d’Évangile à deux vitesses », témoigne-t-il. Et, à travers EnCourage, l’Église soutient l’entourage de ces personnes dans le même esprit.

Alberto ne pouvait garder ce trésor pour lui seul. Il est devenu « l’ambassadeur » de l’apostolat en Italie et à l’international. « Grâce à son aide, et avec l’accord des évêques, nous avons pu “l‘importer” cette année à Toulon, puis à Paris », se réjouit le Père Guitton, responsable des « petits derniers français de la grande famille Courage ». Pour Mili Hawran, cheville ouvrière du mouvement en France, l’Église doit encourager Courage dont la force est non seulement « son orthodoxie », mais aussi « cet accueil spirituel et fraternel ». « Courage donne une structure. Mais c’est Jésus qui fait le travail au contact de son cœur miséricordieux », précise l’Américaine. Son lancement en France, riche de promesses, ne pouvait donc trouver plus beau terreau que Paray-le-Monial.





lunedì 3 agosto 2015

OMOSESSUALITA': LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE DI PAPA FRANCESCO!


In occasione del 35° anniversario dalla sua fondazione l'Apostolato cattolico Courage, che offre accompagnamento pastorale alle persone omosessuali per realizzarsi pienamente nella castità, ha celebrato a Chicago (30 luglio-2 agosto 2015), il primo di una serie di eventi di grande risonanza che ci accompagneranno fino al prossimo Sinodo sulla Famiglia, con un tema unico: l'autentica cura pastorale delle persone omosessuali.

Mons. Blasé Cupich, Arcivescovo di Chicago
La conferenza, che ha come titolo “Andare oltre i confini dell’etichetta omosessuale verso una più completa identità in Cristo“, è stata introdotta da S.E.R. Mons. Blasé Cupich, Arcivescovo di Chicago, che ha celebrato la S. Messa per i partecipanti, ringraziando nella predica, tanto l'Apostolato Courage che EnCourage (il ramo dedicato all'accoglienza di parenti e amici di persone omosessuali) per la testimonianza di fede e lo zelo nel servire questa porzione del popolo di Dio troppo spesso negletta.



Nel corso della conferenza si sono succeduti relatori laici e religiosi sul tema della cura pastorale delle persone omosessuali, cui sono dedicati anche tre specifici seminari riservati rispettivamente al clero, ai professionisti della salute mentale ed agli operatori pastorali, che hanno luogo contestualmente. Tra i temi trattati con frequenti riferimenti al magistero di Papa Francesco: la castità, la gioia, l'amicizia, fedeltà, valore delle relazioni nella definizione della nostra identità, discernimento, autentica felicità e perdono. Ai relatori principali è affiancato un ricco programma di workshop su specifici aspetti del comunicare la fede in un mondo in rapido mutamento.

Per chi vi ha partecipato, come chi scrive queste note ed altre centinaia di giovani da tutto il mondo, sono state giornate spiritualmente fruttuose in cui si è potuto apprezzare l'opera dello Spirito Santo nella fratellanza offerta dalla Chiesa per curare le ferite spirituali dei suoi figli (leggi QUI l'intervista a Papa Francesco).

L’evento si è concluso con la S. Messa celebrata da S.E.R. il Cardinale Edwin O’Brien, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che ha ricordato come già alla fine del 1979 il venerabile Cardinale T. Cooke avesse avviato speciali programmi di autentica pastorale, come Courage, per andare incontro lì dove sono e accompagnare alla fede coloro che vivono in quelle, che oggi possiamo chiamare "periferie esistenziali", in particolar modo divorziati risposati, persone con attrazione per lo stesso sesso e seguaci dei nuovi culti.

Tra pochi giorni la Diocesi di Detroit in collaborazione con l’Apostolato Courage organizza un convegno dedicato alla formazione del clero “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Accogliere ed accompagnare i nostri fratelli e le nostre sorelle con attrazione per lo stesso sesso” che si svolgerà dal 10 al 12 agosto 2015 a Plymouth, Michigan. Tra i  relatori S.E.R. il Cardinale Thomas Collins, Arcivescovo di Toronto, S.E.R. Mons. Allen Vigneron, Arcivescovo di Detroit, don Paul Check, direttore internazionale dell’Apostolato Courage e la professoressa Janet Smith (CLICCA QUI per leggere l'intervista rilasciata a Zenit), Consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia e docente di bioetica.  Al convegno di formazione del clero sulla cura pastorale delle persone omosessuali sono attesi almeno 400 partecipanti. Per i dettagli del programma CLICCA QUI.

L'Apostolato Courage sarà presente anche a Philadelphia in occasione dell'Incontro Mondiale delle Famiglie "Una casa per i cuori feriti", con un proprio stand informativo fisso e alcuni eventi che verranno specificati nel programma. Per le catechesi preparatorie dell'incontro CLICCA QUI.

Termina questo ciclo di eventi un incontro romano previsto per i primi di ottobre per contribuire a rispondere ai quesiti posti dai Lineamenta del Sinodo, a pochi giorni dall'inizio di questo grande momento di discussione collegiale della Chiesa.

Cardinale Edwin O’Brien
Nonostante i frequenti ed intenzionali fraintendimenti della stampa nei confronti dei pronunciamenti di Papa Francesco circa la cura pastorale delle persone omosessuali, appare evidente ormai come la corretta esegesi del suo pensiero, in piena coerenza con la dottrina (ma non potrebbe essere altrimenti anche per sua espressa intenzione: "figlio fedele della Chiesa"), sia testimoniata dai vescovi e cardinali a lui più vicini anche col sostenere pubblicamente il ministero di Courage ed EnCourage.

Ai gruppi di pressione pro gay, che propongono un ideologia contraria all'insegnamento della Chiesa (cfr. Homosexualitatis problema § 9), ormai esclusi definitivamente dall'evento di Pihladelphia non resta che lanciare appelli ideologici sostenuti dalla stampa laicista.


Si sta veramente realizzando la rivoluzione di Papa Francesco che, in accordo con i suoi predecessori, propone una continua riforma della pastorale che coerentemente con la sana dottrina si concentri sull'autentico bene della persona umana senza disperdersi in ideologie alla moda.

sabato 25 luglio 2015

Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Accogliere ed accompagnare i nostri fratelli e le nostre sorelle con attrazione per lo stesso sesso (Convegno: 10-12 agosto 2015 Plymouth, Michigan)

Prof.ssa Janet Smith
Consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia
Negli USA, un convegno estivo tratterà la delicata questione della pastorale diretta alle persone attratte dallo stesso sesso

Stati Uniti d'America, 13 luglio 2015 (ZENIT.org) Kathleen Naab

Un imminente incontro si propone di aiutare tutti coloro che nella Chiesa sono interessati alla cura pastorale delle persone omosessuali.

Janet Smith, titolare della cattedra “Father Michael J. McGivney” di bioetica al Seminario Maggiore del Sacro Cuore di Detroit, collabora all’organizzazione del convegno "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Accogliere ed accompagnare i nostri fratelli e le nostre sorelle con attrazione per lo stesso sesso", che si svolgerà il 10-12 agosto a Plymouth, .

ZENIT ha intervistato la professoressa Smith sul convegno e, più in generale, sulla recente decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti sul "matrimonio" per persone dello stesso sesso.

ZENIT: La conferenza, che avrà luogo tra breve, si propone di affrontare due questioni difficili sollevate dai Lineamenta per il Sinodo di ottobre sulla famiglia. Quali sono i principi generali da evidenziare nella cura per le persone con tendenze omosessuali e le loro famiglie, alla luce del modo in cui i loro diritti sono proposti nella società?

Smith: Il convegno " Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Accogliere ed accompagnare i nostri fratelli e le nostre sorelle con attrazione per lo stesso sesso", che si svolgerà il 10-12 agosto a Plymouth, Michigan, promosso dall'Arcidiocesi di Detroit e da Courage International produrrà anche un volume che raccoglie diversi saggi sull’argomento. Il libro, che sarà pubblicato da Ignatius Press, “Vivere la verità nella carità. Approcci pastorali su questioni omosessuali”, suggerisce già dal titolo alcuni principi.

Sicuramente non dobbiamo isolare coloro che sperimentano attrazione per lo stesso sesso (ASS) e farli sentire come se fossero parte di un gruppo emarginato. Dal momento che è diventato "accettabile" "dichiararsi", la maggior parte di noi è consapevole del fatto che alcuni dei nostri fratelli, figli, amici, colleghi di lavoro, genitori, maestri, ecc sperimentano ASS. Sono "noi", nel senso che sono intima parte delle nostre relazioni affettive e vogliamo che continuino ad esserlo. Amarli significa rimanere in contatto con loro; significa voler sentire quello che sta succedendo loro; significa parlare cortesemente con e di loro; significa invitarli a eventi in cui si sentano accolti e amati. Significa non insultarli mai o parlare dell’ASS con disprezzo. Da parte mia, credo che le parole "sodomia e sodomita" dovrebbero essere mandate in pensione.

Dobbiamo anche dire la verità a chi sperimenta ASS e sull’ASS. Dobbiamo lavorare molto seriamente per trovare un modo non offensivo per condividere le nostre convinzioni cattoliche sull’ASS. Questo risulta più facile se abbiamo un rapporto amorevole con chi sperimenta un’ASS. Chi sa che ci preoccupiamo per lui è più disposto ad ascoltare quello che diciamo. Una verità che dovrebbe accompagnare sempre la riflessione è che tutti noi lottiamo con alcune difficili tentazioni e che gli "eterosessuali" non hanno alcun motivo per ritenersi superiori nei confronti di coloro che sperimentano un’ASS. Le peccaminose bravate sessuali delle persone eterosessuali, al giorno d’oggi, lasciano davvero poco spazio per chi vorrebbe ergersi a giudice di chi prova un’ASS.

Una verità che chi prova ASS deve comprendere è l'amore di Dio per lui e il Suo desiderio di essere in una relazione sponsale con lui, come la verità che spesso possiamo accettare meglio noi stessi se siamo in grado di perdonare coloro che ci hanno fatto del male. Occorre ricordare, con delicatezza, che molte persone portano croci significative nella loro vita e che sperimentano il loro bisogno di rimanere casti e eventualmente celibi, come una croce, ma questa croce è accompagnata da tante grazie e opportunità di testimoniare Cristo.

La verità deve essere detta anche alle persone eterosessuali che pensano che l'amore per le persone con ASS consista nel non dire loro la verità. Sono troppo pochi coloro che sanno che tipo di vita vivono gli uomini che fanno sesso con uomini e le donne che fanno sesso con le donne. Non sanno molto della promiscuità e del sesso anonimo praticato da molti uomini e della straziante monogamia seriale praticata da molte donne. Inoltre non sanno che la vita di molti ha dimostrato che coloro che vivono con ASS possono trovare una profonda pace e felicità vivendo secondo l’insegnamento della Chiesa, anche se, come per tutti noi, il percorso di una vita virtuosa può essere molto impegnativo.

ZENIT: I due volumi che raccoglieranno i saggi presentati alla conferenza prenderanno in considerazione molti aspetti dell’omosessualità. Nell'introduzione al primo volume lei sottolinea che: "non siamo del tutto ignari su come servire chi prova un’ASS, ma certamente abbiamo ancora molto da imparare". Potrebbe farci qualche esempio?

Smith: Nel corso del tempo, come l'umanità così anche la Chiesa, impara a conoscere meglio alcuni fenomeni. Ad esempio, una volta, le prostitute erano generalmente viste come donne malvagie che avevano fatto una riprovevole scelta di una "carriera". Ora sappiamo che ci sono pochi di questi casi, anzi, la maggior parte di loro provengono da situazioni tragiche come l'abuso sessuale e la tossicodipendenza e alla fine non si sentono degne di altre relazioni. Anche se la Chiesa non ha cambiato la sua idea della prostituzione come peccato terribile, ha tuttavia cambiato il modo di vedere le prostitute.

La visione culturale e psicologica dell'omosessualità varia grandemente, da perversione indicibile a malattia psicologica, fino ad un orientamento dono di Dio. Il Catechismo afferma che l'omosessualità non è una scelta; ma questo, naturalmente, non significa che è innata. Secondo l’opinione più aggiornata una persona sperimenterebbe ASS per una serie di fattori, come un difetto nell’identità di genere, un rapporto problematico con il genitore dello stesso sesso, interessi dissonanti rispetto al gruppo dei pari sesso, ecc. Purtroppo l'APA [l’Associazione americana di psicologia] e le leggi in molti stati sostengono che l’attrazione omosessuale non possa essere "riparata" e vietano agli psicologi di aiutare le persone con ASS che cercano aiuto. Questo ha indubbiamente ostacolato i progressi nel comprendere come aiutare le persone con ASS. Una manciata di psicologi coraggiosi che si sforzano di fornire aiuto a coloro che lo cercano, hanno scoperto molte tecniche utili, spesso dirette a difficoltà diverse dall’ASS.

Quanto più conosciamo circa le cause dell’ASS e impariamo nuove tecniche per aiutare coloro che vivono un’ASS, tanto più cambieranno i nostri approcci pastorali.

È molto importante rilevare anche come i giovani crescono subendo un indottrinamento che vuol far loro credere che l'omosessualità sia la stessa cosa dell'eterosessualità. Hanno familiari e amici che vivono un’ASS e sono diventati molto accoglienti nei loro confronti. Il fatto che non capiscano l'insegnamento della Chiesa e quindi non lo accettino è naturalmente un grave problema ma, quando finalmente prendono confidenza con l'insegnamento della Chiesa e lo accettano, i loro buoni rapporti con le persone con ASS li mettono in grado di trovare modi positivi per relazionarsi con loro nella verità. Potrebbero essere in grado di dare lezioni a tutti noi.

ZENIT: Courage, un apostolato cattolico internazionale che accoglie pastoralmente le persone con ASS, è una delle più importanti iniziative volte a sostenere le persone con tendenze omosessuali, e sponsor del convegno. Quali sono i punti di forza e di debolezza dell’Apostolato Courage?

Smith: Non ho particolare dimestichezza con il funzionamento di Courage sul campo. Lo conosco per lo più attraverso la sua letteratura ed i suoi principi, che mi sembrano davvero eccellenti. Ho sentito dire da molte persone come Courage sia stato determinante per consentirgli di vivere una vita casta nella ricerca della santità. Ho anche sentito dire che Courage non sarebbe per tutti. Credo che alcuni pensino che si focalizzi su di una forma di castità “forzata” e non s’impegni abbastanza contro il disprezzo di sé, di cui soffrono molte persone con ASS. Tuttavia non c’è nulla nella loro letteratura che possa sostenere tali affermazioni, ma ogni gruppo locale ha una sua identità e sono sicura che la qualità del leader e il livello di impegno dei membri varii. So che c'è stata in passato una certa diffidenza nei confronti di Courage in alcune diocesi. Diffidenza che si è progressivamente dissipata, da quando sempre più vescovi riconoscono la saggezza dell'approccio di Courage. Attualmente Courage è molto richiesto e benvenuto, penso che l’organizzazione faccia fatica a rispondere a tutti, ma è un buon problema da avere. So che accolgono volentieri feedback sul proprio operato, quindi spero che coloro che hanno critiche da fare le condividano con Courage.

ZENIT: #LoveWins [L’amore vince] è stato l’hashtag che ha risposto alla sentenza della Corte Suprema del mese scorso, che definisce come un diritto costituzionale il "matrimonio" per persone dello stesso sesso. Ha davvero vinto l'amore?

Smith: Neanche un po'. Mi viene in mente un canzone country che dice "cerco l’amore in tutti i posti sbagliati". L’amore veramente complementare, l’amore sponsale che genera la vita è semplicemente impossibile in una relazione omosessuale. Ci saranno ancora più disillusioni e sofferenze emotive per le persone con ASS che proveranno il "matrimonio". Questo significherà naturalmente più figli cresciuti da coppie dello stesso sesso, che non consentirà loro di sperimentare l’importantissimo amore dei genitori di entrambi i sessi. Penso che l'hashtag corretto dovrebbe essere #bambinisconfitti.

ZENIT: Lei insegna in un seminario. Sulla base del suo lavoro con questi giovani che saranno i pastori della Chiesa nel prossimo decennio, come percepisce il compito che li attende per quanto riguarda aiutare la Chiesa a trasmettere il suo messaggio sulla dignità umana e sulla sessualità alla prossima generazione? Riusciremo a far comprendere ai giovani l'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità?

Smith: Il compito è estremamente difficile. Generazioni di cattiva catechesi hanno derubato i giovani della sana formazione dei loro genitori. La buona notizia è che questi giovani sono fermamente convinti della verità della dottrina della Chiesa, hanno una profonda conoscenza delle fonti degli errori della cultura moderna, e hanno cuori coraggiosi e generosi. Rispetto al modo di vita peccaminoso degli eterosessuali, c'è una enorme quantità di buon materiale ancora da elaborare; lo stiamo mettendo a punto per insegnare la verità sulla questione omosessuale. I film “Il desiderio delle colline eterne” e “The Third Way” hanno aperto gli occhi a molte persone, così come la serie di 5 video catechesi, prodotte da Courage, sulla cura pastorale delle persone omosessuali.

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In rete:


domenica 19 luglio 2015

UNA CASA PER I CUORI FERITI (Incontro Mondiale delle Famiglie - Philadelphia 2015)

L'amore è la nostra missione. La famiglia pienamente viva
Come per ogni Incontro Mondiale delle Famiglie, anche in vista dell’appuntamento di Philadelphia la catechesi preparatoria riveste un ruolo centrale: intitolata L'amore è la nostra missione. La famiglia pienamente viva” (CLICCA QUI) è stata preparata dall’Arcidiocesi di Philadelphia e dal Pontificio Consiglio per la Famiglia.

“Questa catechesi spiega come tutta la dottrina cattolica in materia di sessualità, matrimonio e famiglia derivi dagli elementi di base della nostra fede in Gesù. Partendo da un racconto che inizia dalla nostra creazione, essa evoca brevemente la nostra caduta e le sfide che abbiamo di fronte mettendo in risalto, nel contempo, il progetto di Dio per la nostra salvezza. L’amore è la nostra missione, ed è amando Dio ed amandoci l’un l’altro che vivremo in pienezza”.

La pubblicazione si articola intorno ai seguenti temi: “Creati per la gioia”, “Una missione di amore”, “Il significato della sessualità umana”, “Due diventano uno”, “Creare l'avvenire”, “Ogni amore porta frutto”,“Luce in un mondo di tenebre”, “Una casa per i cuori feriti”, “Madre, maestra, famiglia: natura e ruolo della Chiesa”, “Scegliere la vita”.

Ho scelto di condividere con i lettori del CdC alcuni passi del testo sulle questioni relative all'omosessualità. Pur rinviando alla lettura integrale del testo, per una comprensione più approfondita e meglio contestualizzata, ritengo che la catechesi qui offertaci dalla Santa Sede, esemplifichi bene delle linee guida per procedere con coerenza dalla dottrina ad una prassi più efficace, così da permanere nella verità a Cristo offrendo autentica accoglienza.

Perché la Chiesa non riconosce i cosiddetti matrimoni tra persone dello stesso sesso
134. Basando il matrimonio su di una soddisfazione dell’eros o delle emozioni è reso più facile dalla separazione del sesso dalla procreazione e conduce all’ipotesi delle unioni tra persone dello stesso sesso. Oggi, in alcuni Paesi, esistono movimenti che vogliono ridefinire il matrimonio come se si trattasse di una qualsiasi relazione affettiva o sessuale forte tra adulti consenzienti. Laddove il divorzio e la contraccezione sono abitudini stabilite e laddove questo punto di vista rielaborato del matrimonio ha messo radici, ridefinire il matrimonio per includervi anche i matrimoni tra persone dello stesso sesso può sembrare una nuova tappa plausibile.

135. Per quanto riguarda l’ipotesi del matrimonio tra persone dello stesso sesso, come è noto la Chiesa si rifiuta di legittimarlo o di riconoscerlo. Non è che essa denigri o non apprezzi l’intensità dell’amicizia o dell’amore tra persone dello stesso sesso. Dovrebbe essere chiaro, a questo punto della catechesi, che la Chiesa Cattolica ritiene che ciascuno di noi sia chiamato a dare e a ricevere amore. Amicizie caste tra persone dello stesso sesso, devote e capaci di sacrificarsi, sono apprezzabili. Poiché i cattolici si impegnano ad amare, a praticare l’ospitalità, ad essere interdipendenti, e a “portare i pesi gli uni degli altri” (cfr. § 88), la Chiesa, a tutti i livelli, alimenterà e sosterrà le occasioni di amicizie caste, cercando sempre la solidarietà con coloro che, per qualsiasi ragione, non possono sposarsi.

136. La vera amicizia è una vocazione antica e degna di lode. Sant’Aelredo di Rievaulx osservava che il desiderio di avere un amico nasce dal profondo dell’anima ( De Spirituali Amicitia,1,51). I veri amici producono “frutto” e “dolcezza”, in quanto si aiutano a vicenda a rispondere a Dio, incoraggiandosi l’un l’altro a vivere il Vangelo ( De Spirituali Amicitia,1,45-46). “Coltivata tra persone del medesimo sesso o di sesso diverso, l’amicizia costituisce un gran bene per tutti. Conduce alla comunione spirituale” (CCC, 2347. Cfr.§102).

137. Ma come dovrebbe essere chiaro a questo punto, quando i cattolici parlano di matrimonio si riferiscono a qualcosa di diverso da altri rapporti d’amore particolarmente intensi, anche se questo amore è profondo e sopporta sacrifici per lunghi periodi di tempo. Una intimità affettiva intensa e a lungo termine non è sufficiente per il matrimonio. Il matrimonio, come del resto era universalmente riconosciuto fino a poco tempo fa in occidente, si fonda sui obblighi derivanti dalle possibilità e dalle sfide poste dal potenziale procreativo del dimorfismo sessuale.

138. La Chiesa invita tutti gli uomini e tutte le donne a vedere nella loro sessualità la possibilità di una vocazione. Raggiungere la maturità come uomo o come donna significa porsi alcune domande: in che modo Dio mi chiama ad integrare la mia sessualità nel suo progetto di vita nei miei confronti? Creati ad immagine di Dio, il nostro destino è sempre comunione, sacrificio, servizio e amore. La questione per ciascuno di noi è come donarci con la nostra specificità sessuale nel matrimonio o in una vita di celibato in comunità. In nessun caso il nostro desiderio di eros o la nostra preferenza sentimentale devono essere sovrani o autonomi; in entrambi i casi, saremo inevitabilmente chiamati a fare sacrifici che non avremmo scelto se avessimo scritto noi stessi la nostra storia.

L’attuale contesto filosofico, giuridico e politico del matrimonio
139. I dibattiti sulla ridefinizione del matrimonio, comprese le questioni che riguardano il matrimonio tra persone dello stesso sesso, sollevano questioni giuridiche e politiche. Nella teoria politica e in teologia, i cattolici parlano della famiglia come di un’istituzione pre-politica (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 214). In altri termini, la famiglia è legalmente “anteriore” ad ogni società civile, alla comunità e allo stato politico, in quanto “naturale e primitivo è il diritto al coniugio” (Leone XIII, Lettera Enciclica Rerum Novarum (RN), 1891, 9). La società non inventa o fonda la famiglia; piuttosto, la famiglia è il fondamento della società: “In questo modo la famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della società” (Gaudium et Spes, 52). L’autorità pubblica ha, pertanto, il dovere di proteggere e di servire la famiglia.

140. Fino a poco tempo fa, questa visione della famiglia era largamente accettata anche dai non cattolici. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, del 1948, sottolinea che “la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato” (Art. 16). Ma dato che sempre più giurisdizioni re-immaginano il matrimonio come una questione di preferenze individuali, lasciando cadere ogni collegamento organico con la differenza sessuale e con la procreazione, e dato che incoraggiano una visione contrattuale del matrimonio, questo consenso è andato scomparendo. Oggi, lo Stato pretende sempre di più di inventare il matrimonio e di ridefinirlo a piacimento (Evangelii Gaudium, 66). Verosimilmente, la famiglia non costruisce più la società e lo Stato; piuttosto, oggi lo Stato presume di inquadrare e di legittimare la famiglia.

141. Alcuni legislatori stanno cercando di codificare questa inversione filosofica con nuove leggi sul matrimonio. Invece di accogliere il matrimonio come un’istituzione fondata sulla natura, questa nuova prospettiva considera il matrimonio come qualcosa di infinitamente plastico, subordinato e malleabile alla volontà politica. La Chiesa non ha altra scelta che resistere a questo revisionismo, a salvaguardia delle famiglie, del matrimonio e dei figli.

142. Una società che pensa erroneamente che il matrimonio sia sempre rinegoziabile, e che debba rendere conto solo al consenso umano autoreferenziale, vedrà il matrimonio essenzialmente come un contratto, come un accordo volontario tra detentori autonomi di diritti individuali. Ma questi semplici contratti non sono la stessa cosa di un matrimonio fondato su un patto di misericordia. La logica di questi contratti non è quella di San Paolo in Efesini 5, in cui marito e moglie si amano alla maniera della Croce. Il ragionamento che sottende questi contratti difettosi è in contrasto con il dono del matrimonio come sacramento dell’Alleanza.

143. La Chiesa ha l’obbligo di resistere alla diffusione di false argomentazioni a favore del matrimonio. Papa Francesco fa osservare che:

In ripetute occasioni, la Chiesa ha servito come mediatrice per favorire la soluzione di problemi che riguardano la pace, la concordia, l’ambiente, la difesa della vita, i diritti umani e civili, ecc. E quanto grande è il contributo delle scuole e delle università cattoliche nel mondo intero! È molto positivo che sia così. Però ci costa mostrare che, quando poniamo sul tappeto altre questioni che suscitano minore accoglienza pubblica, lo facciamo per fedeltà alle medesime convinzioni sulla dignità della persona umana e il bene comune (Evangelii Gaudium, 65).

144. Come abbiamo detto all’inizio di questa catechesi, tutto l’insegnamento della Chiesa in materia di matrimonio, famiglia e sessualità discende da Gesù. La teologia morale cattolica è un racconto coerente che soddisfa le domande più profonde dell’umanità — un unico racconto unificato derivante dalle convinzioni cristiane fondamentali sulla creazione e l’Alleanza di Dio, la caduta dell’umanità e l’incarnazione, la vita, la crocifissione e la risurrezione di Gesù Cristo. Questi insegnamenti presuppongono un costo e delle sofferenze per tutti coloro che vogliono essere discepoli di Gesù, ma aprono anche nuove opportunità di bellezza e prosperità per gli esseri umani.

145. Quando la vera natura del matrimonio è compromessa o mal compresa, la famiglia si indebolisce. E, quando la famiglia è debole, siamo tutti inclini a un tipo di individualismo brutale. Noi perdiamo troppo facilmente l’abitudine della bontà di Cristo e delle esigenze della sua Alleanza. Quando la famiglia è forte, quando crea uno spazio per il marito, la moglie e i figli per praticare l’arte del dono di sé secondo il modello dell’Alleanza di Dio, allora in un mondo di tenebre entra la luce. Questa luce rivela la vera natura dell’umanità. Ecco perché la Chiesa si oppone alle ombre che minacciano la famiglia.

146. Tutti noi siamo caduti. Il disordine presente nel cuore degli uomini ha un contesto sociale e conseguenze nella società. La comunione per la quale siamo stati creati è minacciata dai nostri desideri disordinati, dalle situazioni economiche in cui ci troviamo, dalla pornografia, la contraccezione, il divorzio e la confusione giuridica o intellettuale. Ma l’amore è la nostra missione, e la Chiesa cerca una vita sociale alternativa, una comunità fondata sulla misericordia, la generosità, la libertà e la fedeltà di Gesù. I numerosi ministeri della Chiesa promuovono la cultura della vita, come l’aiuto ai poveri, il sostegno alla pianificazione familiare naturale, o l’articolazione di una filosofia più coerente per il diritto. Quando i cattolici resistono al divorzio o al matrimonio tra persone dello stesso sesso, o ancora a revisioni confuse del diritto del matrimonio, noi ci assumiamo anche la responsabilità di promuovere comunità di sostegno e di amore. 

La dottrina cattolica dipende dalla comunità cattolica
164. Gran parte dell’insegnamento morale di Cristo, e quindi l’etica cattolica, è esigente. Ma, nei cristiani, essa presume uno spirito di discepolo, una vita di preghiera e un impegno a dare una testimonianza cristiana sul piano sociale ed economico. Soprattutto, essa presuppone una vita in una comunità cristiana, vale a dire una famiglia di uomini e donne che hanno incontrato Gesù, e che insieme testimoniano che egli è il Signore, nel desiderio che la loro vita sia modellata dalla sua grazia e dalla sua grazia e dall'auto reciproco a rispondervi.

165. La dottrina cattolica sull’omosessualità deve essere intesa in questa luce. Lo stesso insegnamento che esorta chi è attratto da persone dello stesso sesso a vivere la castità sotto la forma della continenza invita anche tutti i cattolici ad abbandonare le proprie paure, ad evitare ogni ingiusta discriminazione e ad accogliere i fratelli e le sorelle omosessuali in una comunione di amore e verità nella Chiesa (Cfr. CCC, 2358-59). Tutti i cristiani sono chiamati a guardare in faccia le proprie inclinazioni sessuali disordinate e a crescere in castità — nessun individuo sfugge a questa esigenza — e dunque nella loro capacità di dare e ricevere amore in coerenza con il loro stato di vita (Cf. CCC, 2337, 2348). Eppure la risposta a questo appello alla conversione è inevitabilmente un work in progress da parte nostra, peccatori in via di recupero che formiamo i membri della Chiesa. Si tratta per questo di creare in seno alla famiglia, alla parrocchia e alla comunità cristiana in senso ampio, un ambiente di sostegno reciproco che permetta la crescita morale e il cambiamento.

166. La fretta con la quale oggi si vuole approvare e dare uno status legale alla convivenza tra persone dello stesso sesso, o eterosessuali, deriva da una comprensibile paura della solitudine. Sempre di più, nella cultura dominante secolare, il fatto di avere un partner sentimentale viene percepito quasi come una necessità e si pensa che l’insegnamento della Chiesa sia crudele, in quanto condanna gli uomini e le donne a una vita di solitudine.

167. Ma se i parrocchiani ordinari comprendessero gli argomenti che sottendono il celibato vissuto come una pratica comunitaria, e se le chiese domestiche prendessero più seriamente l’apostolato dell’ospitalità, allora l’antica dottrina cattolica sulla castità vissuta nella continenza al di fuori del matrimonio potrebbe sembrare più plausibile agli occhi dei nostri contemporanei. In altre parole, se le nostre parrocchie fossero realmente luoghi in cui “single” non significhi “solitario”, dove reti allargate di amici e famiglie condividano realmente le gioie e i dolori gli uni degli altri, allora forse alcune delle obiezioni poste alla dottrina cattolica potrebbero essere neutralizzate. I cattolici possono abbracciare un apostolato dell’ospitalità, qualunque sia l’ostilità o l’indifferenza della cultura che li circonda. Nessuno limita i cattolici, laici o appartenenti al clero, nell’amicizia che possono offrire alle persone in difficoltà.


PREGHIERA PER L’INCONTRO
MONDIALE DELLE FAMIGLIE DI 
PHILADELPHIA 2015

Dio e Padre di tutti noi,
in Gesù, tuo Figlio e nostro Salvatore,
ci hai resi
tuoi figli e tue figlie
nella famiglia della Chiesa.
La tua grazia e il tuo amore
aiutino le nostre famiglie
ovunque nel mondo
ad essere unite
nella fedeltà al Vangelo.
L’esempio della Sacra Famiglia,
con l’aiuto dello Spirito Santo,
guidi tutte le famiglie,
specialmente quelle con maggiori problemi,
ad essere focolari di comunione e di preghiera
e a cercare sempre la tua verità e la vita nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Gesù, Maria e Giuseppe, pregate per noi!