sabato 18 ottobre 2014

Analisi di proposte per la Santa Comunione ai divorziati risposati. Sfiducia nella castità?

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Il cuore delle recenti proposte è una sfiducia sulla castità. In effetti, l’eliminazione dell’obbligo della castità per i divorziati costituisce la principale innovazione delle proposte medesime, dato che la Chiesa permette già ai divorziati risposati, che per un motivo grave (come la crescita dei figli) continuano a vivere insieme, di ricevere la Comunione qualora accettino di vivere come fratello e sorella e se non vi è pericolo di scandalo. Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI si sono espressi chiaramente su tale aspetto.

L’assunto delle attuali proposte, ad ogni modo, è che tale castità sia impossibile per i divorziati. Forse che ciò non evidenzia una velata disperazione nei confronti della castità e del potere della grazia di sconfiggere il peccato ed il vizio? Cristo chiama ognuno alla castità secondo la propria condizione di vita, sia essa quella di persona non sposata, celibe, sposata o separata. Egli promette la grazia di vivere castamente. Nei Vangeli, Gesù ribadisce questa chiamata e questa promessa, insieme con un fermo avvertimento: ciò che causa il peccato dovrebbe essere “tagliato” e “gettato via” perché “conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna” (Mt 5:27-32). Infatti, nel Discorso della Montagna, la castità è il cuore e l’anima dell’insegnamento di Gesù sul matrimonio, sul divorzio e sull’amore coniugale.

Tale castità è frutto della grazia e non una mortificazione o una privazione. Essa si riferisce non alla repressione della propria sessualità, bensì al suo corretto utilizzo. La castità è la virtù attraverso cui si sottomettono i desideri sessuali alla ragione, cosicché la propria sessualità sia al servizio della propria reale finalità anziché della lussuria. Da ciò consegue che la persona casta domina le proprie passioni più che esserne asservita e diviene, quindi, capace di un dono di sé totale e continuo. In breve, la castità è indispensabile per seguire la via di Cristo, la quale è l’unica strada per la gioia, la libertà e la felicità.

La cultura contemporanea sostiene che la castità non sia solamente impossibile, ma addirittura dannosa. Questo dogma secolare si oppone direttamente all’insegnamento del Signore. Se lo accettassimo, sarebbe arduo non domandarsi perché esso dovrebbe applicarsi solamente ai divorziati. Non sarebbe ugualmente irrealistico chiedere alle persone celibi di rimanere caste fino al matrimonio? Non dovrebbero essere ammesse anch’esse alla Santa Comunione? Gli esempi potrebbero essere molteplici. 

Alcune coppie risposate civilmente provano davvero a vivere in castità come fratello e sorella. Esse possono anche trovarlo difficile, magari cadere di tanto in tanto, e tuttavia, mosse dalla grazia, si rialzano, si confessano e ricominciano. Se le proposte in oggetto venissero accettate, quante di queste coppie si arrenderebbero nella lotta per rimanere caste?

D’altro canto, molti divorziati risposati non vivono castamente. Ciò che li distingue da coloro che tentano di farlo (e non sempre vi riescono) è che i primi non riconoscono ancora l’incontinenza come un problema serio, o almeno non hanno ancora intenzione di vivere in castità. Se si permette loro di ricevere l’Eucaristia, anche se prima si sono recate in confessionale, pur con l’intenzione di continuare a vivere in modo non casto (una palese contraddizione), vi è il serio pericolo che essi siano confermati nel proprio vizio presente. E’ improbabile, infatti, che essi crescano nella consapevolezza dell’obiettiva immoralità e gravità della loro comportamento non casto. E’ lecito domandarsi, piuttosto, se la condotta morale di costoro, anziché migliorare, non verrebbe più verosimilmente perturbata o addirittura deformata.

Cristo insegna che la castità è possibile, persino nei casi più difficili, poiché la grazia di Dio è più potente del peccato. La pastorale dei divorziati dovrebbe essere basata su tale promessa. Se i divorziati stessi non udranno la Chiesa proclamare le parole di speranza di Cristo, e cioè che essi possono realmente essere casti, non tenteranno mai di esserlo.

[...]

E. Elementi di una proposta positiva per i prossimi Sinodi 
Gli insegnamenti della Chiesa sul matrimonio, sulla sessualità e sulla virtù della castità derivano da Cristo e dagli apostoli; essi sono perenni. Non possono essere cambiati, anzi, vi è la necessità di tornare ad enunciarli continuamente. Data la crisi della famiglia e del matrimonio nella nostra epoca, tale incombenza è particolarmente doverosa. Ci sembra, dunque, che i seguenti punti possano servire a tale scopo. 

Prima di tutto, rinnovare e approfondire la comprensione e la pratica della virtù della castità costituirebbe un positivo passo in avanti rispetto alla riedificazione della vita familiare. Nel mondo contemporaneo assistiamo a una vera e propria crisi della castità, la quale gioca un ruolo di primo piano nella crisi del matrimonio e della vita familiare. La cultura secolare di oggi non riconosce il valore intrinseco di tale virtù e dubita del fatto che essa possa essere realmente vissuta. E’ questo il caso, infatti, anche di alcune coppie sposate all’interno della Chiesa e persino per alcuni membri del clero, come abbiamo potuto constatare attraverso i recenti scandali. Sarebbe davvero importante difendere, spiegare ed istruire riguardo alla pratica e alla libertà della vita di castità – ed anche all’“antropologia della castità”. Affrontare la tematica della vera e propria epidemia della pornografia, dei pericoli che questa produce per la famiglia e fornire raccomandazioni pratiche per una risposta pastorale a chi è affetto da una piaga del genere sarebbe altrettanto rilevante. 

Estratto da un articolo elaborato da un gruppo di teologi domenicani statunitensi in vista del Sinodo straordinario dei Vescovi, pubblicato nella Rivista “Nova et vetera” (English Edition, Vol. 12, No. 3 (2014): 601-630).
La traduzione italiana integrale è stata pubblicata dal sito www.amicidomenicani.it con il titolo Recenti proposte per la Pastorale dei divorziati risposati: Una valutazione teologica

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