mercoledì 26 marzo 2014

Philippe Ariño: OMOSESSUALITA' CONTROCORRENTE. VIVERE SECONDO LA CHIESA ED ESSERE FELICI (Recensione)

Philippe Ariño: Omosessualità controcorrente
(Estratto dalla premessa al libro di Philippe Ariño: Omosessualità Controcorrente. Vivere secondo la Chiesa ed essere felici - Effatà Editrice Euro 8,00)

Personalità profonda, poliedrica e paradossale, Philippe Ariño, interroga la coscienza del lettore di qualunque orientamento sessuale, politico o religioso esso sia. La sua riflessione si sviluppa prendendo spunto dall’idea di omosessualità come “segno” del rifiuto violento della sola divisione antropologicamente fondante della vita umana: quella della differenza dei sessi.

Quest’affermazione introduce immediatamente al superamento della falsa dicotomia, proposta dal dibattito attuale, tra omosessuali ed eterosessuali. Queste categorie antropologiche risultano così inadeguate e prive di fondamento nel Reale, in cui troviamo solo uomini e donne.

L’analisi della cultura omosessuale incrocia sulla sua strada le grandi manifestazioni popolari de La Manif pour Tous, che nel 2012-2013 hanno scosso la Francia in occasione del dibattito sulla proposta di legge per il matrimonio delle coppie dello stesso sesso. Ariño contribuisce al movimento da un punto di vista privilegiato, come coscienza critica; denuncia l’inefficacia concettuale degli argomenti fondati solo sulle potenziali conseguenze della legge in discussione, che non affrontano i limiti della coppia omosessuale, la sua natura non procreativa, la realtà e la natura violenta del desiderio omosessuale. Come persona omosessuale, evidenzia inoltre, che una tale legge non metterà una coppia omosessuale in grado di procreare e di formare una famiglia di consanguinei, e non gli darà neanche quell’amore fondato nel Reale cui aspira, così come già dimostrato ampiamente dai patti civili di solidarietà (PACS); denuncia inoltre che il rifiuto del Reale e la deformazione di realtà umane come la famiglia sta conducendo ad un collasso antropologico che si tradurrà in forme di nevrosi e di violenza fuori controllo.

L’autore propone un punto di vista originale anche sulla questione dell’omofobia, cui ha dedicato un saggio specifico[1], afferma infatti che: “l’omofobia è l’altro nome del desiderio omosessuale, perché il desiderio omosessuale è intrinsecamente omofobo: è espressione di un odio di sé che si è trasformato in “orgoglio”, “identità” e “amore”, per nascondersi il proprio “orrore”.” Partendo da questa premessa Philippe Ariño c’introduce all’omofobia dei militanti pro gay, fondata sui due pilastri ideologici della fede nell’identità omosessuale e nella forza dell’“amore” omosessuale ed all’“omofobia positiva” della società bisessuale gay friendly. Entrambe queste due forme di omofobia evitano una profonda riflessione sul vero significato del desiderio omosessuale, che abbia finalmente il coraggio di guardarne in faccia gli aspetti negativi. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno di negazione collettiva, tanto più pericoloso in quanto la storia ha già ampiamente dimostrato come una società che idealizzi o banalizzi l’identità e l’amore omosessuale, giunga ben presto a demonizzarli con la stessa cieca violenza. In sostanza la chiave per l’accettazione e la vera accoglienza delle persone omosessuali passa per una coraggiosa presa di coscienza del fenomeno, che non ne nasconda tutti i limiti e le fragilità intrinseche per tornare a concentrarsi sul valore della persona.

Un apparente gusto per il paradosso consente all’autore di affermare che: “l’eterosessualità è la più grande presa in giro di tutti i tempi e che non tutte le coppie uomo-donna sono “eterosessuali”!” Un accurata indagine evidenzia come i due termini “gemelli” di omosessualità ed eterosessualità, non esistano che da 150 anni e siano stati portati a conoscenza del grande pubblico dal teorico Krafft-Ebing con l’opera Psychopathia Sexualis (1886). Opera, sia detto per inciso, messa all’indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica. Jonathan Katz, nel suo saggio L’invenzione dell’eterosessualità (2001), spiega chiaramente che da principio l’eterosessualità veniva classificata tra le perversioni, proprio come l’omosessualità e corrispondeva a quella che noi oggi chiameremmo bisessualità. Prendendo spunto da questa osservazione Philippe Ariño arriva a contrapporre le coppie “eterosessuali”, paragonate in maniera icastica alle bambole Barbie e Ken incellophanate, a quella che definisce “coppia uomo-donna che si amano”; ne rileva così i segni distintivi nella mancanza di stabilità, di radici nel Reale, di apertura alla vita e di gioia.

Conseguentemente l’autore rigetta la pseudo-categoria de “gli omosessuali” facendo riferimento sempre alla “persona omosessuale” che porta in sé, ma non come elemento fondante, il “desiderio” omosessuale, a prescindere dalla sua attualizzazione o meno, come singolo o in coppia. Non si tratta di una questione meramente terminologica, nell’accogliere in sé quest’inclinazione, riconoscendone i limiti e la fragilità, Ariño lancia uno sguardo sulla propria incompiutezza come persona e ci propone una lettura del desiderio omosessuale come “ferita” spirituale.

Il coraggio di squarciare il velo sulla violenza e la sofferenza che si celano dietro al comportamento omosessuale apre uno spiraglio di speranza, che restituisce senso a quest’esperienza in una prospettiva escatologica che solo la Chiesa cattolica è riuscita a cogliere. Dio non chiede a tutti coloro che si sentono omosessuali di negare il proprio desiderio omosessuale, ma di offrirlo agli altri senza praticarlo e scoprire così la gioia del dono libero ed integrale di sé nella continenza.


Leggi anche l'intervista a Philippe Ariño in esclusiva per il CdC






[1] L’homophobie en vérité, pubblicato presso le Éditions Frédéric Aimard nel settembre 2013.

domenica 23 marzo 2014

Morrissey & The Smiths (di Alberto Gonzaga)

“La musica è come un droga, ma non ci sono centri di riabilitazione”
Morrissey (Select, 1991)

Morrissey & The Smiths
In un cassetto del mio armadio si nascondono, sotto una pila di cd, alcune audiocassette dei primi anni ’80 con la registrazione da vinile dei primi album degli Smiths (1983-1987). Sono un regalo del mio amatissimo compagno di banco delle superiori. Di pari passo con quella mia passione omosessuale è cresciuta quella per la musica ed i testi di questo controverso cantante. Ma chi è Steven Patrick Morrissey? Vegetariano, animalista, antimonarchico, contrario ai conservatori Thatcher e Bush ma anche accusato - ingiustamente - di razzismo per aver difeso il diritto di parola dei movimenti di estrema destra, adorato da uno stuolo di fedelissimi fan, ambiguo e sessualmente astinente. Una delle figure musicali più influenti degli ultimi 30 anni.

This charming Man
In questa breve nota non racconterò la storia degli Smiths e del loro frontman Morrissey, d’altronde facilmente reperibile anche in rete, mi concentrerò invece volentieri su tre temi principali della sua opera: 1. Sessualità 2. Artwork 3. Testi, nella misura in cui hanno influito culturalmente e psicologicamente sulla mia vita omosessuale.

La sessualità di Morrissey è argomento controverso, fin da quando saliva sul palco con un mazzo di gladioli in omaggio al suo eroe Oscar Wilde[1], non ha infatti mai dichiarato esplicitamente il suo orientamento sessuale, anche se qualche sospetto lo abbiamo sempre avuto. L’Enciclopedia Britannica dice di lui: “una personalità intrigante e conflittuale (ad un astinenza proclamata a gran voce si contrappongono timide note di una velata omosessualità)”. Come poteva non appassionarmi
What Difference Does It Make? 
un personaggio del genere che nel 1984 dichiarava: “Vorrei liberare il mondo dagli stereotipi sessuali. Una sorta di profeta del quarto sesso. Il "terzo sesso" è stato provato, ma ha fallito. Io voglio qualcosa di diverso.” e ancora rifiutando l’etichetta gay ha detto: “La gente è solo sessuale, il prefisso... è irrilevante”. Come se non bastasse si dichiarava
asessuale e casto, prescindendo l’amore dal sesso e dalla sessualità delle persone. Difronte all’edonismo deresponsabilizzato e machista degli anni ’80 sono parole rivoluzionarie che fecero breccia nell’animo timido di tanti adolescenti in cerca di qualcosa di più, come me.

Lo stile della band è molto semplice: jeans, maglietta ed occhiali di celluloide con la
William, It Was Really Nothing
montatura spessa (come quelli passati dalla mutua di allora), essenzialità che fa il paio con la musica: sezione ritmica (batteria, basso, chitarra) e voce baritonale con calde armoniche naturali. L’artwork, così come i videoclip, contiene spesso riferimenti ed allusioni omoerotiche o riferimenti socio-culturali significativi. Le immagini, tratte da film e riviste, rispecchiano gl’interessi di Morrissey appassionato della cultura popolare inglese anni ’50-’60 (stile bravo ragazzo in cerca del senso della vita prima della rivoluzione sessuale), una semplicità camp in contrasto con la volgarità anni ’80 ma anche la passione per la cultura femminista e scrittrici saffiche come Virginia Woolf,
Shelagh Delaney e Elizabeth Smart. Il primo singolo Hand in Glove (1983) ha una fotografia di Jim French (fotografo omoerotico) di un nudo maschile di spalle (tratta da Margaret
The Smiths
Walters The Nude Male); il secondo singolo This charming Man (1983) è un fotogramma di Jean Marais nel film Orfeo (1949) di Jean Cocteau. Il terzo singolo What Difference Does It Make? (1984) è un fotogramma di Terence Stamp nell’inquietante film Il collezionista (1965) di William Wyler. Il singolo di William, It Was Really Nothing (1984) è un fotogramma di Colin Campbell nel film a tematica omosessuale The Leather boys (1964) di Sidney J. Furie

La copertina del primo album omonimo della band (1984) riproduce un fotogramma raffigurante l’attore porno Joe Dallesandro nel film di Paul Morrissey (e prodotto da Andy Warhol) Flesh (1968). Un'altra protetta di Warhol, la trans MtF Candy Darling, compare sulla copertina del singolo Sheila Take a Bow (1987) in un fotogramma dal film Women in Revolt (1971). Sempre in tema di trans una serie di cartelloni
Sheila Take a Bow
pubblicitari del film Christine Jorgensen: The first man to become a woman vengono insistentemente inquadrati in un videoclip amatoriale (?) di Please, please, please, let me get what I want (1984).

Notevoli sono anche i video diretti dal regista Derek Jarman (attivista del movimento gay), segnalo in particolare quello di There Is a Light That Never Goes Out (1986)

Altri soggetti iconici sono James Dean (Bigmouth Strikes Again, 1986) ed Alain Delon (The Queen is Dead, 1986), Elvis Presley (Shoplifters of the World Unite, 1987), Truman Capote (The Boy With The Thorn In His Side, 1985) ed Oscar Wilde che compare in diverse occasioni. Morrissey, a differenza degli album e singoli con gli Smiths, nella produzione da solista, in un esercizio
Christine Jorgensen: The first man to become a woman
narcisistico, provocatorio che rischia a volte di essere perfino blasfemo, usa quasi esclusivamente la sua immagine nelle copertine. Il suo volto, caratterizzato dal ciuffo alla James Dean, il mento sfuggente e la sproporzione rispetto al corpo dell’artista ci accompagna nella maggior parte delle sue nuove opere, fanno eccezione solo Boxers e World of Morrissey del 1995.

Tra i gruppi ispiratori hanno un ruolo determinante i New York Dolls i cui membri adottano un look glam e androgino.

There Is a Light That Never Goes Out
I testi di Morrissey e degli Smiths, ad una prima lettura superficialmente deprimenti, sono spesso pieno di un umorismo mordace espresso con una pregevole forma poetica ed in grado di strappare incontenibili risate; L’interesse giovanile di Morrissey per il realismo sociale dei serial televisivi degli anni ‘60, lo ha influenzato nello scrivere di gente comune, delle loro esperienze con la depressione, il senso di rifiuto, la solitudine, il disadattamento, la marginalità, l’esclusione e la morte.
Morrissey: L'autobiografia
Tra i temi centrali e ricorrenti troviamo anche l’amore struggente, agognato, negato, l’insoddisfazione giovanile, il lavoro borghese ed una costante ambiguità sessuale. È lui stesso a dirci che ha “trasformato il disagio in canzoni di successo” (On The Streets I Ran, 2006).
A titolo di esempio trascrivo il testo della canzone più famosa degli Smiths: How Soon is Now  (1984) nella traduzione proposta dal sito Wor(l)d of Morrissey, a cui rinvio chi volesse approfondire:


Quando sarà Adesso?
Tu, chiudi il becco!
Come puoi dire
Che affronto le cose nel modo sbagliato
Sono un Uomo ed ho bisogno d'essere Amato
Esattamente come chiunque altro

Conosco un club, se ti va di andarci
Potresti incontrarci qualcuno che ti ami davvero
Così ci vai e te ne resti in disparte
E te ne vai da solo
E vai a casa e ti metti a piangere
Ed hai voglia di morire

Quando dici che accadrà Adesso
Quando intendi esattamente?
Vedi, ho già aspettato troppo a lungo
Ed ogni mia speranza è cessata

Tu, chiudi il becco!
Come puoi dire
Che affronto le cose nel modo sbagliato
Sono un Uomo ed ho bisogno d'essere Amato
Esattamente come chiunque altro
Hatful Of Hollow

PS
Non posso esimermi in queste mie note necessariamente brevi e incomplete di rinviare il lettore ad alcuni spunti di riflessione che possono emergere dall'accostamento di Morrissey con lo scrittore di Correggio, Pier Vittorio Tondelli  








[1] Il quale in realtà preferiva i gigli.